“Raffaella Ponzo stupisce per la sua aderenza carnale e verbale al personaggio di Luana”.
Tullio Kezich per il “Corriere della Sera”
SENTIMENTI: Eccellente Herlitzka in una vicenda fra Svevo e Buzzati
di Tullio Kezich
Sarebbe bello se si trovasse un pubblico per un film azzardato e rigoroso come “Il Corpo dell’Anima”: magari la gente che va a teatro, che legge i libri. A questi ultimi in particolare dovrebbe ricordare qualcosa la trama della pellicola di Salvatore Piscicelli, inserita in un filone che, partendo da “Senilità” di Svevo arriva a “Un amore” di Buzzati. E’ l’antica storia dell’uomo in volgere di età che l’apparizione casuale di una ragazza giovane fa vivere un’estate di San Martino, intesa tutt’altro che come l’”età della pace” di come parla ironicamente Freud. Qui è di scena lo scrittore Ernesto, vedovo, autosegregatosi in una villetta romana del quartiere Coppedé, schiavo di abitudini e manie. Lo scuote dalla sua indifferenza una prosperosa cameriera borgatara, Luana, che gli si infila in casa e quasi gli impone le sue grazie con spregiudicata naturalità, risvegliandolo alla vita; e non senza illuderlo e deluderlo, ingelosirlo, imbarazzarlo, imbrogliarlo e cornificarlo. Scandito dalla lettura dello stoico e notarile diario del protagonista “Il Corpo dell’Anima”, pur, avendo molti punti di contatto con i menzionati precedenti letterari, approda a un finale che sancisce con un gesto tangibile la valenza positiva del rapporto tra i due. Insomma, quello che da una parte poteva sembrare follia, dall’altra ordinario puttanesimo, era in realtà l’incontro di due esseri umani. Non manca un risvolto professionale, con le chiacchiere fra Ernesto svogliato sceneggiatore e un amico regista: anche qui Piscicelli riesce a trovare un accento di verità quasi mai presente nel cinema sul cinema. Nel cammeo del cinematografaro, Ennio Fantastichini sembra preso dalla vita; Raffaella Ponzo stupisce per la sua aderenza carnale e verbale al personaggio di Luana, tanto più nell’apprendere che nella vita è una professoressa.
Però il film appartiene di diritto a Roberto Herlitzka, magnifico attore di teatro purtroppo poco utilizzato sullo schermo, che travasa nel personaggio qualcosa dell’esperienza fatta recentemente in scena in un adattamento di “Senilità”.